IDENTITA' SEGRETE



IDENTITA' SEGRETA
Dietro lo pseudonimo di Master Temporis si nasconde un conoscitore ed appassionato dell'Alta Orologeria, che è anche un insider di questo dorato mondo, del quale vi rivelerà molti segreti.
Novità, finte novità, cambiamenti al vertice delle case madri, polemiche che non troverete mai sulla paludate e prezzolate riviste del settore, che vivono della pubblicità della maison elvetiche (e tedesche e italiane etc etc) e non morderanno mai la mano che le nutre.
Su questo blog, invece, leggerete le informazioni e i commenti che solo la passione per gli orologi e per la vertià possono indurre a scrivere.
Buona lettura.
Master Temporis

sabato 5 febbraio 2011

PORTOGHESE YACHT CLUB

DECLINO DI UN MITO

Secondo voi, perché la gente compra il Portoghese Crono?
Beh, i motivi sono fondalmente due, Il primo è che è l'orologio bandiera di IWC, cioè di una marca prestigiosa. La riconoscibilità porta sempre con sé il suo carico di gratificazione personale.
Ma il secondo motivo, quello principale, è che si tratta di un orologio molto bello.
No, non è soggettivo. Le sue auree proporzioni possono non incontrare il gusto personale, ma rientrano in pieno nel canone della bella orologeria. Bene.
Allora perché quei crucchi testoni di Sciaffusa si sono messi a produrre il Portoghese Yacht Club? Grazie al cielo, una vocina della coscienza deve aver suggerito loro di non sostituirlo tout court al Portoghese crono.
Perché questo Yacht Club, comunque lo rigiri, è una sòla. Intendiamoci: se lo sbirci dietro noti il nuovo movimento di manifattura etc etc. Che poi è il motivo per cui IWC si vergognava un pochino di incassare tutti quegli Eta, e si guardava bene dallo zaffiro sul fondello del crono, fino ad ora.
 Ma chi se ne importa? Da appassionato, risponderei 'io'. Da conoscitore della market law, dico 'pochi'.
Perché per farci stare quel bestione di movimento, l'orologio che ne esce è sgraziato quanti altri mai, e, cosa ben più grave, tradisce i motivi per cui fino ad oggi la gente ha hamato il portoghese. Cioè armonia e classe. E prezzo, che lievita di circa 4000 euro.
Un bisonte, cui hanno anche messo la data (che sfregio) e, per non farsi mancare nulla, pure il cinturino in caucciù d'ufficio (per un orologio che non va a 100 mt, che scempio). Poco classico per i classici e poco trendy per i trendy.
Il risultato è che IWC ha prodotto un orologio che assomiglia in maniera preoccupante al Portoghese Crono in vendita sui siti di Replica. Non scherzo, ha plagiato i plagiatori.
Con quali risultati? Ovviamente, fino ad ora, molto deludenti...

sabato 22 gennaio 2011

ROYAL OAK 15300

CHI SI FA CONCORRENZA IN CASA SUA…
Non ho ancora capito cosa abbia portato AP a costruire un orologio, il 15300, che cannibalizza un proprio modello in produzione come il 15202. Stessa impostazione generale – direi pressoché identica -, stesse dimensioni – tranne che per lo spessore -, quadranti più che simili. Con il risultato che l’appassionato di Royal Oak non vede più alcun motivo per comprare il 15202, che solo in virtù di un calibro ultrapiatto (peraltro più delicato) cosa circa 5000 euro più del 15300, di cui è assai apprezzabile il nuovo calibro finalmente di manifattura (il 15202 monta JLC). Morale: il 15202 non si vende quasi più. Contenti loro: forse non ne potevano più di dipendere da Le Coultre.
Questo 15300, comunque, è molto bello, da qualsiasi parte lo si giri. Leggermente ingranditi gli indici e le sfere, rispetto al 15202, e inseriti i secondi centrali. Grazie al cielo AP ha resistito, almeno in questo caso, alla moda degli orologio monstrum, e ha contenuto il diametro a 39 mm. Chapeau. Anche perché il R.O. ha come al solito le prime maglie di attacco cassa rigide, e una misura maggiore ne avrebbe compromesso la polsabilità (prendete nota del neologismo: lo userò sempre, d’ora in poi). In effetti, anche così, su polsi sottili aderisce meglio il 42 millimetri Overseas di Vacheron, grazie all'estrema morbidezza del bracciale.
Il listino attuale, 10.650,00 salvo sconti (che con Audemars in particolare hanno una storia tutta loro) è un prezzo buono. Una considerazione finale: gli svizzeri sono in genere un po’ gnucchi, altrimenti a le Brassus avrebbero capito che sarebbe meglio lasciare un po’ perdere le serie speciali freak dell’Offshore, e dedicarsi a sbaragliare la concorrenza dando un’ampia gamma di quadranti al 15300, incominciando a pensare che là fuori c’è tutto un mondo meraviglioso da scoprire, oltre a questo benedetto stravisto semprelostesso ‘gran tapisserie’.

venerdì 21 gennaio 2011

PATEK CALATRAVA 5296

MISTERI DELLA FORMA  E DEI LISTINI

Se io adesso vi dicessi che nell’orologeria contemporanea sono scomparsi quasi del tutto gli orologi tondi, voi cosa mi rispondereste? "No, caro mio, ti sbagli: per la maggior parte sono tondi, poi ci sono quelli di forma (così si chiamano i segnatempo rettangolari o quadrati), poi altre variabili minori".
E invece no, l’orologio tondo è divenuto una variabile minore. E voi, di nuovo, petulanti: "Ma caro Master Temporis, se proprio in questo articolo ne recensisci uno, di tondo, e poi qui vicino scrivi - solo per fare pochi esempi - del Master Control, del Plastiki, del Portoghese: che sono questi, quadrati?".
Qui vi volevo, o ingenui. Tutti gli orologi che avete citato non sono tondi: hanno la lunetta tonda, ma sono di cassa tonneaux, non ve ne eravate accorti? Costa meno produrre un pezzo unico tonneau cui attaccare direttamente il cinturino, piuttosto che attaccare le anse alle casse!
Detto questo, eccoci al tonneaux dalla lunetta tonda 5296. Intendiamoci, se io avessi già scritto a suo tempo la recensione del predeccesore, 5127, mi sarei evitato questa. Perché le differenze sono davvero minime: se non è zuppa è pan bagnato, tanto che mi sono chiesto il perché della sostituzione. A parte il movimento, portato a battere più velocemente (ora si va a 28.800 alternanze), e la lunetta diventata piatta (con scorno degli appassionati), parliamo del fratello gemello. Semplice, classico, senza tempo. Non scuote il sonno, non turba, ma la sua grazia composta rasserena i pensieri dell’amante di orologeria. Finché non vede il prezzo e gli viene un coccolone. Eh sì, perché questo Calatrava, che sta, se non al primo, al secondo scalino basso della grande scalinata Patek che culmina con lo SkyMoon, dall’uno febbraio costerà circa 20.000 euro. Sì, avete capito bene, un solo tempo con data ventimila. Chi lo comprerà? Se mi date retta, non noi, non voi - non ora, almeno. Fate lo sciopero dei Calatrava. Per tre anni. E se per tre anni li avremo costretti a non alzare più i listini, ne riparleremo. Anche perché, come tutti sanno, i Calatrava non si prestano a nessuna rivalutazione nel tempo. Ripeto: compratelo fra tre anni, e fatevi fare pure un bello sconto, perché - se mi avrete ascoltato -questi 5296 saranno rimasti tre anni a far la muffa in un cassetto, e i concessionari vi faranno ponti d’oro.

PUNZONE PATEK: I VERI MOTIVI

QUIS CUSTODIET IPSOS CUSTODES?

La campagna marketing della famiglia Stern è ben fatta, come al solito, e presenta magistralmente il nuovo Punzone Patek, che sostituirà pian piano quello di Ginevra su tutti i movimenti Patek. Un pizzico di tradizione, un cucchiaio di sobrio familismo, una spruzzata di antichi valori, e la ricetta è pronta. Anche perché, bisogna pur dirlo, Patek è una marca vera, di sostanza. In una parola: credibile. E non è poco, oggi.
La cosa difficile è spiegare ai concessionari come spiegare la faccenda: ne conosco molti che ancora non hanno capito che le lavorazioni sui movimenti e le qualità degli stessi sono uguali a prima, e che il Punzone Patek certifica che anche prima della sua introdizione erano molte di più di quante la stessa Patek dichiarasse. La qual cosa, in effetti, non è un concetto facilissimo, di primo acchito. Se poi aggiungete che i concessionari spesso sono lì solo perché figli di concessionari (o nipoti), e fanno quel mestiere senza possederne necessariamente le reali competenze, capirete come la confusione spesso regni sovrana.
Comunque, veniamo al sodo. Il motivo per cui Patek si è tolto dal Punzone di Ginevra è banale, anche se non lo ammetteranno mai. Dicono che il punzone ginevrino non darebbe conto sufficientemente della qualità Patek, ma fino a due anni fa indottrinavano i concessionari sul valore aggiunto rappresentato dal fatto che Patek fosse l’unica Maison a presentarlo su tutti i calibri prodotti (dimenticandosi il piccolo Roger Dubuis, e pazienza). Ma il fatto è che il bellicoso Torres, Ceo Vacheron, pochi anni fa annunciò il suo progetto: calibri di manifattura e Punzone di Ginevra come se piovesseanche per la sua Maison.
E se Roger Dubuis non mette paura, Vacheron sì.
Quindi, gli Stern decisero: via il PG e dentro il PP.
Tutto questo è comprensibile. Il problema è che mentre il PG è conferito da un ente autonomo, con controlli autonomi, il Punzone di Patek è conferito da una commissione che è presieduta…da Monsieur Stern, vale a dire da Patek. Che, insomma, se la canta e se la suona. E’ come se a Miss Italia la giuria fosse casualmente presieduta dalla mamma della miss che poi viene eletta.
Ma loro sono svizzeri. And swiss men are honorable men.

POVERI MA POVERI

MASTER CONTROL JAEGER LE COULTRE
QUANDO UN QUADRANTE SCIAPO ROVINA TUTTO

Oggi parliamo del Master Control di Le Coultre. Cioè di un orologio che potrebbe essere ma non è.
Potrebbe essere un successone, così come buona parte della linea tonda Master, ma risente della gigantofilia del Ceo Jerome Lambert e soci, che dedicano molta attenzione agli orologi monstre (di tecnica e dimensione), ma snobbano (o semplicemente non ci sanno fare molto con) i classici.
Prendete proprio il Master Control, il più semplice della gamma.
Per iniziare bene, va detto innanzitutto che è pur sempre un orologio Le Coultre, cioè qualità top a prezzi abbordabili.
Per continuare peggio, però, va aggiunto che con un minimo sforzo sarebbe potuto essere, specie nella versione oro rosa, un formidabile concorrente di Calatrava e Patrimony, ma nonostante il prezzo più vantaggioso proprio non ce la fa.
Un po’ che quando puoi avere la scelta tra oro e acciaio, come per il Control (VC e PP non la danno, per scelte di posizionamento), l’oro ne risente parecchio. Un po’ che in Le Coultre non hanno capito ancora che finché continueranno a scrivere sui quadranti il nome della marca con una riga di sottolineatura (come se fosse un carattere di Word), continueranno a non poter competere con le eleganti griffe di VC e PP. Un po’ che la stessa incomprensione estetica quelli di Le Sentier la riservano alla questione della data, che Vacheron non riborda, che Patek riborda in oro, e che JLC riborda poco e male.
Un po’ questo, un po’ quello, il risultato è che appena metti vicino un Master Control acciaio a un 5296 o a un Patrimony in oro bianco, lo Jaeger fa la figura del cugino di campagna, nonostante la stessa impostazione di fondo. Sul bracciale in acciaio, poi, stendiamo un pelo venoso, come direbbe Checco Zalone.
Peccato, davvero un peccato.
Try it again, Jerome.

giovedì 20 gennaio 2011

DALLA RINASCITA ALLA RIMORTE?

VACHERON TRA VIZI E VIRTU'

Da qualche anno VC, la più antica casa orologiera al mondo, è tornata alla ribalta. Il merito è del Ceo, Juan Torres. Ci voleva un catalano per svecchiare il dinosauro di Ginevra, che si stava affossando, col rischio di divenire un Longines di lusso.
Il suo arrivo ha portato energia e molta creatività. Nuovi modelli, meccaniche nuove, Punzoni di Ginevra come se piovesse, etc. E soprattutto una linea Patrimony rinnovata che fa un mazzo così ai Calatrava di Patek. Senza dimenticare l'Overseas, dal portentoso bracciale.
Ma c'è un buco nero, in questo curriculum: il Quay de L'Ile. Torres ci ha investito e ci investe tanto.
Appassionato di macchine, ha studiato apposta una sorta di car configurator, che i clienti potevano usare per assemblare il QDLI chepiaceva loro, tra carrure lunette anse casse in combinazione varia tra oro palladio e titanio. Risultato: floppete!
I concessionari che ci hanno creduto, e ne hanno ordinati diversi pezzi, ce li hanno ancora nei cassetti, e ora te li tirano dietro con sconto pari al gaudio, dopo averti parlato all'inizio di 'pezzi speciali sconto zero'. Non solo: con il QDLI abbiamo assistito per la prima volta a un aggiustamento dei listini verso il basso: dopo qualche mese dalla messa in commercio il prezzo è diminuito di qualche migliaio di euro per orologio. Sic: immagino la gioia dei primissimi acquirenti.
Ora VC presenta, su questa linea, il calendario annuale.Visto dal vivo, non è male, e di sicuro è meglio degli esangui QDLI visti finora (col punto più basso toccato col miserello date titanio, che non è piaciuto a nessuno).Vedremo il prezzo, soprattuto.
Patek sta facendo una pericolosissima corsa al rialzo, e calendari annuali che fino a pochi anni fa trovavi al listino di 25.000 euro, tra pochi giorni schizzeranno a 35.000 (dall'ultimo aumento hanno preso circa 5000 euro, avete capito bene cinquemila da un listino all'altro, cioè in pochissimi mesi).
VC non dovrebe puntare a più di 27.000, ma temo molto che non sarà così.
Aspettiamo e vediamo di sicuro, se anche questo annuale si rivelasse un flop, bisognerà che il CEo di Vacheron riveda le proprie convinzioni su tutta la linea.
In bocca al lupo, Senor Torres!

giovedì 21 gennaio 2010

IWC PLASTIKI

UN OROLOGIO TRAGICAMENTE ANTISCIPPO

Ho un debole per IWC (o meglio, per alcuni IWC), ma, come si dice, amicus Plato…
Già chiamare un segnatempo di alta gamma "PlastikI", non è bello. Farlo con un orologio monstrum di 46 millimetri, spesso un centimetro e mezzo, blu col cinturino gommoso blu e con gli indici arancioni, è proprio andarsela a cercare.
Io non so chi l’abbia comprato, ma mi piacerebbe vederlo, quest’energumeno dagli appetiti non proprio sobri. Probabilmente sono influenzato da gusti personali troppo retrivi, può essere.
E non parlatemi del bel rampollo della famiglia Rotschild che lo indossa mostrandolo in giro per il mondo: si dà il caso che IWC e il Plastiki siano il suo sponsor.
Anche risparmiandoci un bracciale d’acciaio che l’avrebbe portato a due etti e mezzo di roba al polso (come accade ad altri ingenieur), IWC richiede comunque un certo sforzo al suo possessore. Diciamo che è indossando orologi del genere che ci si potrebbe allenare per diventare campioni di braccio di ferro.
A me continua a sfuggire come mai le case orologiere di alta gamma, anziché aumentare il gap tra loro e il resto del mondo orologiero, si stiano incapponendo a costruire segnatempo sempre più simili a quelli che si trovano ammassati nelle vetrine dei negozietti che comprano oro, o, in alcuni casi, addirittura presentino modelli nuovi che rassomigliano pericolosamente alle repliche a buon mercato di quelli precedenti (ne parleremo in un prossimo articolo).
Bisogna tuttavia riconoscere al Plastiki il merito di essere un orologio antiscippo.
Primo, perché quella preoccupante massa blu e arancione farebbe scartare o inchiodare spaventato qualsiasi rapinatore sul motorino. Secondo, perché vedersela con un possessore di Plastiki non dev’essere una bella esperienza: essere presi a colpi di Plastiki in faccia rappresenta un pericolo inferiore solo a quello di venir colpiti con una mazza ferrata.